Un marzo all’insegna delle nuove proposte si sta per aprire al Museo Laboratorio di Arte Contemporanea(MLAC) dell’Università “La Sapienza”, con due esposizioni “giovani“ ma di spessore
La mostra “Il linguaggio come scoperta. Nuove forme di libro d’artista nel XXI secolo” a cura di Giulia Tulino, ci propone una riflessione sulle aggiornate tipologie di “libro d’artista”, genere di produzione specifica tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento. Possiamo individuare all’interno di questa categoria diverse tipologie: il libro figurato d’autore, l’illustrazione d’arte di testi letterari, il libro manifesto, l’editoria d’artista per l’infanzia e le raccolte grafiche.
Questo veicolo artistico fa sì che l’originalità creativa fuoriesca in assonanze inaspettate, in un amalgama in cui le distinzioni tra contenitore tipografio e contenuto testuale iconografico perdono senso, guidando il lettore in un’esperienza multiforme: più codici espressivi si sovrappongono vivificandosi vicendevolmente in una sintassi dinamica, che ha come referente l’epoca in cui l’esperimento di fusione prende piede e vede perciò accostati diversi medium (litografia, xilografia, fotografia, video). L’esposizione prevede anche due video proiezioni: incentrata, la prima, sulla semantica e sul valore intrinseco delle parole, la seconda sullo sviluppo e sul procedimento usato per giungere al risultato-libro. Il 4 marzo alle ore 18, sempre nell’ambito della mostra, si terrà anche una tavola rotonda sul libro d’artista dalle origini ai giorni nostri, durante la quale interverranno Marina Bindella, Enrico Crispolti, Mauro Carrera, Giulia Tulino e gli artisti in mostra.
La mostra NO(W) REGRETS, che inaugura il 17 Marzo(ore 18), rappresenta invece la prima uscita ufficiale per un vero e proprio gruppo, denominato ULTRA, formato da quattro giovani artisti: Alessandro Calizza, Cristiano Carotti, Marco Piantoni e Desiderio, ricchi di entusiasmo e di talento.
L’esposizione, curata da Tommaso Zijno, intende porre l’attenzione sulla situazione attuale dell’arte e della società in cui essa si radica, partendo da un confronto con il passato ma senza timori reverenziali (no regrets, nessun rimpianto). Il “now” rimanda all’immediato, all‘attualità di un presente recalcitrante in cui sembra che l’arte non splenda di luce propria ma del soffocato bagliore dei fasti passati. L‘arte seguendo la bussola della pura forma, si trova costretta nel rimpianto di una mitologica età dell‘oro, piuttosto che mirare all’assimilazione e al superamento delle antiche consuetudini. La parola d’ordine del gruppo? “Oltrepassare”, senza però by-passare o eludere le espressioni, le concezioni artistiche lasciateci in eredità.
Si parte dal “classico”, ripercorrendo la storia dell’arte fino alle rivoluzioni artistiche più recenti per approdare ad una realtà creativa che sia in primo luogo “critica“ e “presa di coscienza“ della condizione contemporanea; sfruttando ciò che del passato possa essere ripreso, masticato, riformulato con nuovi codici linguistico-formali, senza dimenticare la lezione e non facendosi schiacciare dalla paura di rimettersi in discussione e di tirare fuori gli scheletri dall’armadio, celati in un’arte che non è mai perfezione ma sempre ed essenzialmente fatto umano.
Attraverso una serie di opere pittoriche e di installazioni, la parola “modernità” viene messa sotto accusa, si scoprono gli altarini e si rivela così la caducità di un espressione divenuta obsoleta a causa dell’inarrestabile bramosia di fagocitare le tradizioni antiche, estinguendone così il senso e la fertilità del loro tramandarsi.
Prelevando icone e simboli della cultura occidentale si trova una chiave interpretativa alternativa e destabilizzante, che mette in evidenza il meccanismo di auto-disfacimento che la nostra quotidianità ha messo in atto, di fatto portando alla dissoluzione di valori prima ritenuti fondamentali e disperdendo il noema profondo della bellezza in un culto spassionato per un’estetica artificiale e artificiosa. Una stimolante potenza espressiva rivendica le conquiste passate, passando in un mondo “altro“, fatto di cromatismi al limite del kitsch, statue in liquefazione, forme sconcertanti e surreali.
Alessandro Calizza con il suo approccio “pop delirante”, richiama simbologie mitologiche e immagini desunte dal mondo classico, disfacendole in un’atmosfera di marciscenza e di cinica coagulazione, dove il bianco puro del marmo viene macchiato e contaminato da colori fosforescenti, quasi virali. Desiderio, attraverso la matericità delle sue enormi tele e la sua“carnosa” pittura ad olio porta invece il mondo dell’infanzia in una comprimente densità atmosferica, noir e macabra. Bambole, giocattoli, animali di pezza che prendono vita, maiali e agnellini usati come pupazzi da bambini da una franchezza espressiva disarmante. Una sensazione di claustrofobia dilagante è portata dall’incubo di una realtà infima e di un consumismo smanioso e senza posa.
La critica al consumismo è il filone che guida anche l’opera di Marco Piantoni che con le sue “Banconote al maiale” riflette sui meccanismi industriali, viziati dallo sfrontato e malato asservimento al sistema. L’allevamento in batteria dei maiali, ai fini di un’ottimizzazione del profitto, è solo una faccia di questa realtà che non scende a compromessi se non con sé stessa, puntando alla riduzione dei costi di produzione. L’annullamento dell’essere, l’“oggettizzazione” e il controllo totale di ogni assetto naturale. Infine lo stile espressionista di Cristiano Carotti irrompe con opere dal forte valore cromatico e materico che irretiscono lo spettatore e lo portano a riflessioni profonde su temi attuali, veicolate da rimandi al passato e alle forme della tradizione artistica.
NO(W) REGRETS è dunque un punto di vista inedito su vari aspetti della quotidianità, che attraverso immagini ironiche e grottesche innescherà dibattiti su religione e morale, sulla società contemporanea e sul perbenismo: il fedele che invoca l’aiuto dei santi per opportunismo, l’uomo che si fa il nodo alla cravatta, costruendo insieme la propria maschera e la propria gabbia.