Dai primordi futuristi ai dj da stadio di oggi. Al Maxxi di Roma una retrospettiva su un genere musicale che fu rivoluzionario quanto il pop e il rock. Destinato, tra pregiudizi e diffidenze, ad avere una continua influenza sull’arte e sulla società
— di Giulia Dettori
Nulla da invidiare agli altri generi
Di solito non è facile dare un parere univoco sulla musica elettronica. C’è chi si limita a collocarla negli ultimi generi musicali di successo (fra cui la techno o l’house) o chi, come una parte dei musicisti classici, ha dovuto infine accettarla nonostante la lontananza dal repertorio “tradizionale”, continuando a guardare con diffidenza alle sue più estreme applicazioni. Tuttavia pochi ne saprebbero ricostruire la nascita complessa e la lunga evoluzione nell’arco di un secolo, contraddistinta da numerose invenzioni e da una serie impressionante di sperimentazioni d’avanguardia.
L’elettronica ha contribuito alla nascita dei più attuali e rivoluzionari generi della musica contemporanea. Dagli studi delle seconde avanguardie novecentesche presso la scuola di Darmstadt, ha contraddistinto la nascita della disco music, per poi essere applicata con successo persino al rock e proseguire il suo percorso evolutivo attraverso la techno, l’house e il rap. È stupefacente pensare a quanto siano stati numerosi e diversi gli esiti degli studi elettroacustici, nonché gli artisti che per primi hanno voluto cimentarvisi. Non è facile orientarsi in questo universo e risulta così ancor più lodevole l’impresa realizzata dalla mostra, che sarà aperta al pubblico fino all’11 luglio 2015 presso il Maxxi, che costituisce un’occasione unica per poter comprendere tutte le diverse e stupefacenti manifestazioni della musica elettronica.
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Un viaggio tra passato e presente
Digital Music Experience, infatti, riscostruisce più di un secolo di musica in un percorso breve ma efficace, ricco di stimoli e notizie approfondite sui principali movimenti d’avanguardia e sulle celebrità che hanno cambiato il panorama della musica mondiale. La struttura del percorso è pensata non solo per gli appassionati e gli intenditori dei vari generi musicali, ma soprattutto per chi desideri avere una visione completa e chiara dei vari argomenti trattati. A tal proposito, oltre all’esposizione dei sintetizzatori, dai primi modelli sino ai più recenti, ogni passaggio della mostra illustra accuratamente la nascita delle diverse correnti musicali attraverso foto, manifesti e brevi spiegazioni, dando anche la possibilità di ascoltare, tramite apposite cuffie, le cover delle star più celebri nell’ambito della musica pop e rock.
Per rendere ancor più suggestiva e attuale l’atmosfera dell’itinerario, al centro del percorso è presente un dj-set organizzato dalla celebre radio M2O, animato ogni giorno da personalità diverse (fra cui Provenzano, Claudio Coccoluto, Dj Ralf) che si esibiscono in un vero e proprio concerto live, accompagnando lo spettatore dalle 18 alle 19, (a parte il sabato, quando sarà dalle 19 sino alle 22). L’aspetto sicuramente più notevole dell’evento riguarda però la volontà di contestualizzare, nonché motivare storicamente, i diversi orientamenti musicali nati dalle sperimentazioni dei vari artisti: anche l’elettronica, come tutti gli altri generi, è stata coinvolta dalle ideologie – politiche e non – della società moderna e dal cambiamento di costumi tuttora in corso.
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Tra arte e tecnologia
Il percorso spiega dunque, innanzitutto, perché è nata la sperimentazione elettronica sui suoni, partendo dalle celebri (quanto diverse) personalità di Luigi Russolo ed Edgar Varese, l’uno esponente del futurismo e inventore dei primi intonarumori, l’altro geniale sostenitore ante litteram delle prime manipolazioni del suono attraverso l’elettroacustica. Questa coppia di artisti, lontani fra loro perché legati a contesti cultural-musicali diversi, dimostra tuttavia perfettamente quello che è l’obiettivo comune a tutte le correnti insite nella stessa musica elettronica: la necessità di comunicare un mondo in continuo cambiamento e di esprimerlo attraverso gli elementi che ne sono parte integrante, siano essi persino rumori più o meno comuni.
L’affascinante universo della lavorazione artificiale sul suono è stato naturalmente accompagnato e supportato da adeguate invenzioni in merito: dal primo, straordinario Theremin del 1919, (il più antico strumento musicale conosciuto che non preveda il contatto fisico dell’autore), sino agli oscillatori elettrici di frequenze o ai generatori di impulsi comunemente usati negli ambienti d’avanguardia del secondo dopoguerra (come l’Electronische musik di Karlheinz Stockhausen a Colonia).
La tecnologia ha costituito quindi un aspetto fondamentale nello sviluppo e la diffusione dell’elettronica, ma la mostra ha saputo rendere parallelamente l’evoluzione dell’intero contesto culturale di riferimento, ad esempio attraverso i manifesti, le locandine dei film e i fenomeni di culto legati ai nuovi generi musicali a partire dagli anni Sessanta. Abbiamo quindi numerose citazioni dal cinema di Kubrick o di Spielberg, artisti attenti alle fobie e alle contraddizione della società moderna, manifestate nell’immortale Arancia meccanica o negli Incontri ravvicinati del terzo tipo, quest’ultimo riportato per l’utilizzo del primo sintetizzatore commerciale prodotto da Yamaha (esposto nella mostra), celebre per aver permesso agli alieni di connettersi con il pianeta terra.
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Non solo intrattenimento
Solitamente siamo abituati a ritenere la disco music, il funk o il pop pura musica di intrattenimento, senza sapere che l’evoluzione di alcuni generi scaturì dalla necessità di emancipazione da parte delle minoranze presenti da sempre in America, fra le quali naturalmente quella afroamericana. Prima di arrivare al rap, il genere che più ha espresso i denuncia da parte della black people (a cominciare dall’album The message di Grandmaster Flash, inciso insieme ai Furious Five nel 1982), risultò fondamentale la trasformazione della musica da ballo negli anni ’70.
A tal proposito la mostra segnala lo straordinario contributo di personalità quali Stevie Wonder, (che inserì per la prima volta gli strumenti elettronici all’interno della “black music”), James Brown e Isaac Hayes, consapevoli di aver allargato i confini della musica tipicamente africana verso le nuove frontiere dell’arte. Il riscatto sociale di questi artisti, nati come intrattenitori nei nightclub e divenuti veri e propri esponenti d’avanguardia, portò gradualmente al trionfo della musica funk, promossa e sostenuta anche da Miles Davis, che ne fece un “territorio libero” nel quale sperimentare l’incontro fra il jazz e la pura elettronica.
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Disco music, dagli anni Ottanta a oggi
Il fondamentale apporto delle sperimentazioni elettroacustiche riguarda naturalmente nello stesso periodo storico anche l’ambito meno impegnato (ma non per questo inferiore) della celebre disco music. La mostra le dedica un’altra ampia sezione, collegandola abilmente all’esplosione di un altro film cult fra i giovani dell’epoca: La febbre del sabato sera di John Badham, con John Travolta nei panni di Tony Manero e la celebre colonna sonora dei Bee Gees, simbolo di un’intera generazione di giovani in fermento e quindi di un ennesimo cambiamento all’interno della società. Sicuramente l’integrazione dell’elettronica nella cosiddetta “musica leggera” non ha significato solo un ulteriore esperimento di successo, ma la consacrazione di un genere comunemente noto come dance music, un’etichetta che implica tuttavia uno straordinario, variegato universo, in continua evoluzione sotto gli occhi del mondo.
La mostra sottolinea efficacemente quanto tutto questo sia cresciuto e cambiato a trent’anni dalla sua nascita, mutando abito ma anche collocazione: dalle discoteche ha invaso progressivamente strade e piazze, arrivando addirittura nelle sale da concerto e nelle gallerie d’arte. Insomma, musica “leggera” sì, ma non così tanto se ha saputo dominare non solo il mondo occidentale, ma oggi anche gli scenari musicali in Africa e Asia. Una vera e propria rivoluzione, che ha portato la figura del Dj a riempire, dopo le semplici discoteche, stadi interi, equiparandola pienamente alle personalità artistiche dei cantanti e dei musicisti in generale.
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