Il commento | Nel Comune a sud di Roma sono scoppiate delle proteste per l’arrivo di 78 persone da accogliere. E alcuni hanno danneggiato e reso inagibili gli appartamenti vuoti in cui si sarebbero sistemati. Ma non sono tutti i marinesi a pensarla così
— di Martina Sciamplicotti
In un piccolo paese della provincia di Roma, Marino, sta avvenendo un putiferio. Tutto è cominciato qualche giorno fa, quando si è diffusa la notizia dell’arrivo di 78 profughi all’interno di un palazzo ad uso abitativo. I residenti di quello stabile si sarebbero opposti per un motivo legale e logistico: secondo l’assessore alla cultura Arianna Esposito, intervistata da Rete 4 nella trasmissione di Del Debbio, quella struttura sarebbe stata costruita su un’area regolamentata dalla legge 167, ovvero una zona destinata ad edilizia economica e residenziale con fondi in parte provenienti dalla Regione Lazio. Vincolata, dunque, da una convenzione che coinvolge costruttori e residenti al divieto di subaffitto a scopi di lucro. I residenti inoltre sostengono che quella non è una struttura ricettiva — come può essere un ostello o un albergo — ma abitativa, rivendicando il diritto alla proprietà e temendo che in futuro un’accoglienza del genere possa provocare una svalutazione in termini economici degli immobili in caso di vendita. L’accento è stato posto inoltre sulla preoccupazione suscitata dall’arrivo di 78 “maschi” senza famiglia, i quali “non lavorando, trasformerebbero il palazzo in un centro ricreativo”.
Le ragioni dei residenti potrebbero essere compresibili, se non fosse che questa situazione è stata usata come pretesto per questioni di altro tipo, che vanno ben oltre la preoccupazione per una questione economico-burocratica. Lunedì sera, il 25 maggio scorso, è andato infatti in onda su Quinta Colonna un servizio sulla manifestazione che si è tenuta a Marino, dove sono stati fatti intervenire alcuni cittadini. E quegli stessi marinesi sono stati protagonisti anche di un servizio su La7 nella trasmissione Piazza Pulita. In quest’ultimo caso, un’intervistata ha dichiarato che nel caso in cui fossero arrivati i profughi lei non avrebbe più potuto far giocare sua figlia nel cortile, perché «si sa che usanze hanno». Altre persone hanno affermato che sarebbero stati disposti a usare la violenza contro questi ultimi. Seguendo la vicenda da vicino, insomma, in molti si sono resi conto che non è soltanto un problema legale e/o amministrativo e/o logistico: molti marinesi i profughi non li vogliono proprio, né in quel palazzo né in altre strutture del territorio. A riprova di questo, nella diretta dal paese è stato invocato a gran voce il nome di Matteo Salvini (presente in studio) tra gli applausi degli altri partecipanti alla manifestazione, perché «i profughi qui non devono venirci». Se poi Quinta Colonna avesse intervistato anche quei cittadini che, invece, sono pronti all’accoglienza, avrebbe offerto un quadro completo.
In alternativa sono state avanzate delle proposte. Tra queste, un ostello chiuso da tempo che potrebbe essere l’ideale per accoglierli. Proposta di fronte alla quale qualcuno ha storto il naso e ha parlato di «penalizzazione del turismo» (sebbene l’ostello sia chiuso da tempo). Ma la questione più grave è un’altra. Il Prefetto di Roma Franco Gabrielli, in un’intervista al Corriere della Sera, ha dichiarato che si stanno cercando altre soluzioni in seguito al fatto che gli appartamenti destinati ai profughi sono stati danneggiati da ignoti per renderli inagibili e impedirne l’arrivo.
Gabrielli ha parlato di ipocrisia: «vede, se qualcuno mi dice che non vuole quei rifugiati vicino casa io lo capisco. Non lo condivido, per cultura personale e formazione, ma posso comprenderlo. Solo che lo deve dire chiaramente. Altrimenti quelle proteste sono soltanto ipocrite. È vergognoso nascondersi dietro alla storia delle concessioni, dell’abitabilità o di altro». Il prefetto ha anche aggiunto che altri comuni hanno accolto bene i rifugiati, nonostante abbiano dovuto offrire sistemazioni più problematiche rispetto a quelle di via Colizza a Marino. In risposta, ovviamente, Salvini sulla sua pagina Facebook ha invitato Gabrielli ad “ospitarli a casa sua”.
Riesce difficile immaginare che si tratti esclusivamente una questione legale, o quantomeno non per tutti. C’è del razzismo dilagante in tutto ciò che si è detto in questi giorni. E ipocrisia, per dirla come lo stesso Gabrielli. Non è un caso che subito in paese siano iniziate a girare voci senza alcun fondamento, poi smentite. Si sosteneva che 54 dei 78 migranti provenissero dall’ostello di Ciampino e che lì ci fossero stati numerosi problemi di ordine pubblico con i residenti e con l’ostello. Non ci sono però fonti attendibili né fatti di cronaca concreti a suffragare queste affermazioni, al di là dei piccoli problemi di convivenza normali in ogni situazione di questo tipo (ma come avviene anche in un normale condominio).
La disinformazione dilaga e si sa ormai quanto molte persone abbraccino facilmente gli altrettanto facili populismi: i profughi non sono visti in quanto tali ma come “clandestini”, e dunque porterebbero solo disordini, criminalità e malattie. Alcuni hanno obiettato che quelle case sono state sottratte agli italiani che ne avrebbero avuto più diritto, non sapendo che a Marino sarebbero stati soltanto una sistemazione temporanea in attesa del riconoscimento o meno dello status di rifugiato. Altri hanno evidenziato l’aspetto economico, non sapendo che quelli usati per i profughi sono fondi europei e del ministero dell’Interno predisposti appositamente per questa “emergenza”. Qualcuno ha addirittura asserito «ma non possono rimanere a casa loro o comunque non possiamo aiutarli a casa loro?», ignorando che in Africa e Medio Oriente ci sono guerre, c’è l’Isis, c’è Boko Haram e ogni tanto c’è pure qualche bombardamento americano.
Il paradosso è che Marino è salito agli onori della cronaca soprattutto per questioni di corruzione, peculato e appalti falsi, vantando come protagonista assoluto lo stesso primo cittadino. In quel caso sono stati in pochi ad indignarsi, anzi, ci sono state addirittura manifestazioni di solidarietà e garantismo nei confronti degli imputati. Solidarietà legittima, seppure non condivisibile, che però non ha riguardato chi magari è fuggito da una guerra o da una situazione di grave indigenza.
I profughi sono una realtà e vanno accolti, punto. Bisogna capire come, studiare le modalità, dividere le competenze e le responsabilità. I sociologi la chiamano sindrome nimby. Ma la verità è che ai profughi viene affibbiato un marchio “criminale” in quanto tali. È un fenomeno di respiro nazionale che, però, nasce e cresce nei micro-contesti. Come nel caso di Marino, dove un pugno di cittadini ha espresso posizioni a nome tutto il paese, salvo poi appellarsi a cavilli legali per nascondere ciò che veramente questa questione è diventata: una campagna razzista.