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Rivoluzione FinTech, ecco il sistema bancario che verrà

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11 Apr 2015   di Timoteo Rinesi
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Dalla gestione del portafogli fino al trasferimento di denaro, passando per le commissioni. Tutto ciò che le start-up, emergenti o appena nate, stanno sottraendo alle banche. Grazie alla tecnologia informatica e alla rete. Un monopolio secolare potrebbe gradualmente incrinarsi

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La storia dell’umanità è scandita da rivoluzioni tecnologiche che modificano fondamentalmente il nostro modo di vivere. La storia è ricca di esempi: la rivoluzione agricola, quella industriale, l’invenzione della stampa. Quest’ultima è un parallelo particolarmente interessante per ciò che sta accadendo oggi. Prima di essa, le persone non avevano libero accesso alle notizie e le loro informazioni erano fortemente circoscritte e controllate. La nascita della stampa cambiò tutto: era una tecnologia sociale straordinariamente potente che ha generato intere rivoluzioni politiche e la rapida avanzata della formazione umana e d’un tratto le informazioni diventarono estremamente difficili da controllare per i governi.

Ora siamo nelle fasi iniziali di una nuova trasformazione. La rivoluzione digitale sta cambiando tutto, dal modo di fare business a come ci relazioniamo con gli altri. Ha permesso di mettere insieme letteralmente milioni di persone e diffondere informazioni e idee in modo rapido ed efficiente, rendendo intere industrie obsolete. Il sistema bancario ne potrebbe essere un esempio. Il sistema attuale infatti utilizza grossomodo gli stessi meccanismi che venivano utilizzati un secolo fa: riserva frazionaria, denaro dei depositanti, prestiti e investimenti, margini di sicurezza e salvataggi pubblici nel caso in cui tutto vada male per evitare di aggravare il rischio sistemico. Complici anche gli scandali verificatisi nell’ultimo decennio, e il grado di fiducia negli istituti bancari è sceso vertiginosamente. Secondo un rapporto di Goldman Sachs, il 33% dei Millennials intervistati ha dichiarato che non si aspetta di avere bisogno di una banca nei prossimi cinque anni, e il 50% ritiene che in futuro startup tecnologiche possano completamente sostituire il sistema bancario.

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In realtà ogni possibile funzione assolta da una banca, dalla gestione del risparmio al trasferimento di danaro, può ora essere svolta in maniera più veloce, più economica e più efficiente con nuove tecnologie, per gentile concessione della rivoluzione digital. Così sono nate le cosiddette Fintech (Finance Technology), società che forniscono servizi finanziari attraverso software innovativi. La loro sede naturale è Londra, dove secondo le informazioni fornite dal’ufficio del sindaco il 40% della forza lavoro è impiegata nei settori finanziari o tecnologici.

Una fetta di mercato cresciuta da 0,9 a 3 miliardi di euro nel giro di tre anni.  Proprio questo mese apre il primo polo di aggregazione delle start-up fintech a Sidney, mentre un altro dovrebbe aprire entro la fine dell’anno a Hong Kong. Il mercato dei servizi finanziari è da sempre portato ad esempio come il settore più vulnerabile alle innovazioni tecnologiche. Si pensi agli anni ’80, quando arrivarono le contrattazioni telematiche che non richiedevano più la presenza fisica in borsa, o a tutte le tipologie di strumenti finanziari introdotti nell’ultimo decennio, dai credit default swaps agli indici sintetici che replicano la volatilità che si manifesta sul mercato.

Le fintech stanno letteralmente rivoluziando il monopolio ottenuto e accordato alle banche per centinaia di anni nei servizi finanziari. Siti web come Transferwise o WorldRemit permettono di inviare denaro in tutto il mondo a costi irrisori (90% in meno rispetto a Moneygram o Western Union). Transferwise, stando alle ultime valutazioni, ha un valore stimato superiore al miliardo di euro, WorldRemit è guidata da TCV, una venture capital della Silicon Valley che ha precedentemente aiutato a sviluppare realtà come: Facebook, GoDaddy, Expedia, Netflix, Spotify, VICE Media e altre società.

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Ma anche il mondo dei prestiti è in rapida evoluzione. È infatti possibile ottenere capitali per il proprio progetto/start-up da siti di crowdfunding, o magari per un mutuo (Primarq) o dei banali prestiti per il college (Tuition.io). Senza dimenticare operazioni più complesse come gestione del portafogli (SigFig, covestor) o microprestiti per poche centinaia di euro, che possono essere presi direttamente da siti web senza bisogno di rivolgersi al sistema bancario e creditizio tradizionale. Inoltre la nascita di nuove valute, dotate di una tiratura predefinita e limitata – quindi non soggetta al potere di una banca centrale -, pone in questione la validità delle monete fiat.

Queste tecnologie esistono e sono gia una realtà in alcuni Paesi e la loro diffusione è solo funzione di quanto velocemente saranno perfezionate e adottate. Ma sarebbe sciocco dimenticare che le banche godono di un potere monopolistico accordatogli dallo Stato, esse sono in grado di controllare i tassi di interesse e hanno un immenso potere finanziario che potrà contrarsi ma mai estinguersi del tutto. Ben duecento anni fa Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti, metteva in guardia i suoi cittadini: «I believe that banking institutions are more dangerous to our liberties than standing armies. If the American people ever allow private banks to control the issue of their currency, first by inflation, then by deflation, the banks and corporations that will grow up around [the banks] will deprive the people of all property until their children wake-up homeless on the continent their fathers conquered. The issuing power should be taken from the banks and restored to the people, to whom it properly belongs». La consapevolezza di nuovi mezzi, unita alla dimestichezza che le nuove generazioni hanno con i concetti portanti della rivoluzione digitale, potrebbe contribuire a ridurre il potere delle banche.

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