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Perché anche la Germania infrange i regolamenti Ue

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10 Feb 2015   di Andrea Salati
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Tutti contro la Grecia, ma nessuno bacchetta la locomotiva d’Europa. Che per l’ottavo anno di fila sfora il limite del surplus commerciale, facendo perfino meglio della Cina. Così la deflazione dell’eurozona sembra legata a doppio filo con l’economia tedesca. Ma i mercati penalizzano la politica conflittuale di Tsipras

Germany Philippines

A soli due giorni dal raduno dell’Eurogruppo continuano i timori sulla politica greca e sulla condotta di Tsipras e Varoufakis rispetto ai regolamenti Ue. Per non lasciare intentato nulla, l’agenzia di rating Moody’s ha deciso di declassare altre cinque banche greche: in particolare Piraeus Bank è stata declassata  a CAA2 da CAA1, lo stesso è accaduto per National Bank of Greece e Alpha Bank, mentre sono state declassate da CAA3 A CAA2 sia Eurobank Ergasias che Attica Bank. La decisione dell’istituto riflette le percezioni negative del mercato e la consapevolezza che sarà difficile per Atene ottenere un sostegno sistemico alla luce delle difficoltà del governo di trovare accordi con i creditori.

Intanto l’Europa si divide e, nonostante tutti stiano effettuando test per prevenire possibili fenomeni di contagio economico, c’è chi, come la Francia, ancora regala fiducia ad Atene e si dice convinta che «esiste una flessibilità per giungere quantomeno ad una soluzione di breve termine». L’ottimismo sembra anche il pane quotidiano di Tsipras che a Vienna, durante un incontro formale con il cancelliere austriaco Werner Faymann ha affermato che «il negoziato sul debito si concluderà con un compromesso vantaggioso per tutti» adducendo poi lo stallo nelle trattative a ragioni politici. Anche Varoufakis ha colto l’occasione per ribadire che Atene gradirebbe un prestito ponte dal 28 febbraio al 1 giugno, impegnandosi ad incrementare il piano di riforme già concordato e facendo ripartire i servizi pubblici soppressi negli ultimi mesi.

La Grecia però ha in realtà un bisogno disperato di liquidità e di investimenti esteri frenati dalle perplessità dei mercati. Così quelle di Varoufakis diventano pressoché parole al vento, tanto più  stando alle repliche che provengono dal presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, secondo il quale «non è aria di ulteriori concessioni e non ci sono i tempi per trovare un nuovo accordo». Insomma, mentre le bocciature per la Grecia si susseguono da ogni lato, non può che farsi largo lo spettro di una risoluzione degli accordi europei che provocherebbe conseguenze imprevedibili per tutti i paesi dell’Ue.

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Variazione del Pil greco in miliardi di euro [Eurostat]

Eppure, mettendo da parte per un momento le condizioni medioevali che l’Europa ha imposto in questi anni alla Grecia in cambio dei prestiti miliardari, è impossibile non riconoscere come la condizione già estremamente grave si sia radicalizzata in seguito alla nomina di Tsipras e all’inasprimento di uno scontro ideologico con la Germania. Se però le colpe della Grecia sono note a tutti, lo stesso non vale per la Germania di Angela Merkel, abile fino ad oggi a mettere in secondo piano le proprie nel fragile e precario equilibrio europeo, puntando i riflettori esclusivamente su Atene e il debito dei paesi mediterranei. Far credere a responsabilità unilaterali è compito della politica, ma più spesso è stato evidenziato come siano proprio i più virtuosi a nascondere gli scheletri più ingombranti nel proprio armadio.

Stando a quanto reso noto dall’Ufficio Federale di Statistica di Wiesbaden, la Germania avrebbe chiuso l’ultimo mese di dicembre con un surplus commerciale record attorno ai 215,3 miliardi di euro contro i 189,2 miliardi del 2013. Una media mensile intorno ai 18,2 miliardi, segnato da un aumento dell’export del 3,4% ed un calo dell’import dello 0,8% solo nel mese di dicembre con un avanzo di ben 21,8 miliardi. Dati straordinari se non fosse che in una condizione normale, senza quindi il parafulmine mediatico di Atene, sarebbero contro i regolamenti Ue e quindi perseguibili. Come molti avevano ipotizzato, la svalutazione dell’euro (oltre il 12% su base annua) oltre a migliorare com’è ovvio l’export dell’intera eurozona aumentando la competitività dei prezzi dei prodotti, ha avvantaggiato enormemente chi nell’export affonda le ragioni dei propri successi e traguardi economici.

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Variazione del surplus commerciale tedesco rispetto al Pil, in miliardi di euro [Eurostat]

La Germania non è nuova a condotte simili, avendo da tempo basato la sua politica sul rafforzamento dell’export a discapito della domanda interna, costringendo i paesi limitrofi a svalutare il lavoro e tagliare a loro volta la domanda per limitare il gap esistente. Non è certo una novità, infatti gli squilibri commerciali nell’eurozona sono stati più volte al centro del dibattito, per poi esser puntualmente seppelliti da un surplus di notizie ben peggiori che hanno rispedito il problema nel profondo dimenticatoio europeo. Per la precisione, questo è l’ottavo anno di fila che la Germania sfora il limite di surplus commerciale consentito nell’eurozona (il 6% del Pil). E quest’anno ha addirittura stabilito un nuovo record, ottenendo un valore equivalente al 7,4% del Pil, superiore perfino a quello dell’economia cinese.

I richiami congiunti e ripetuti da parte del Fmi e del Tesoro Usa non hanno sortito alcun effetto a livello politico, figurarsi a livello mediatico. Infatti il problema dell’Europa nell’opinione collettiva è la Grecia, il debito sovrano e la restituzione del crediti concessi, ma a nessuno viene in mente di indagare la congiuntura economica sfavorevole causata da comportamenti opportunistici e malauguratamente tollerati da chi di dovere. La politica tedesca di fatto è un freno a mano tirato per le esportazioni dei paesi limitrofi, comprese Italia e Grecia, a cui nessuno presta attenzione.

Eppure l’alzata di scudi verso Atene all’indomani dell’elezione di Tsipras ha dimostrato una condivisione politica di intenti raramente tanto manifesta. Per ora nessuna procedura è stata avviata nei confronti di Berlino, mentre da Atene dipende gran parte del futuro dell’Europa. Che si tratti di motivi politici è fin troppo chiaro, ma vale la pena barattare l’Ue per continuare ad ignorare la vera causa della deflazione europea? La risposta a questa domanda dovrà giungere prima dello scadere del termine ultimo per avviare la nuova tranche di aiuti ad Atene. E l’ottimismo di Tsipras potrebbe pagare.

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di Andrea Salati
Passione per la politica monetaria e i conflitti ambientali. Non vedo nel mondo numeri e grafici, ma persone e fenomeni naturali. Amante del "Se non puoi sconfiggerli dall'esterno, unisciti a loro",mi sono laureato in Economia. Davvero eh, non come Giannino.


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