Il virus ha già contagiato Guinea, Sierra Leone, Liberia, Nigeria, Senegal e Congo, con oltre 3.000 morti. Le strutture sanitarie africane non sono preparate a fronteggiare l’emergenza. E gli impatti economici potrebbero essere più devastanti della malattia
L’EPIDEMIA – Nel 1976 l’ebola è stata identificata per la prima volta e da allora ha causato solo alcune centinaia di vittime ed è rimasta sostanzialmente poco conosciuta. Questo almeno fino al marzo 2014, quando è stata segnalata la rapida diffusione del virus in Guinea che ha attirato l’attenzione mondiale. A partire dall’8 agosto, poi, in Africa Occidentale è scoppiata una vera e propria epidemia, che ha investito Sierra Leone, Liberia, Nigeria, Senegal (con un solo caso) e Congo. L’Organizzazione Sanitaria Mondiale l’ha definita un’emergenza sanitaria internazionale tra le più gravi registrate negli ultimi decenni. Secondo dati aggiornati al 23 Settembre, ad oggi i casi di sospetta infezione sono stati 6.574 e i decessi 3.043. Ma alcuni esperti ritengono che le cifre ufficiali siano al di sotto di quelle reali, a causa delle difficoltà sociali e materiali nel raccogliere dati nei Paesi interessati.
LA RISOLUZIONE ONU – Mentre la comunità scientifica si sta dando da fare per trovare un vaccino contro l’ebola, il 18 settembre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato una Risoluzione che definisca una strategia globale per affrontare la crisi. Ad agosto le aree contagiate dall’infezione sono state messe in quarantena, mentre a settembre sono stati evacuati gli stranieri e avviate restrizioni dei movimenti di persone in uscita ed entrata dai Paesi coinvolti nell’emergenza. Inoltre, all’interno degli Stati africani contagiati sono state prese misure per il controllo e il contenimento della malattia.
IL CASO DELLA SIERRA LEONE – In Sierra Leone, nel weekend tra venerdì 19 e domenica 21 settembre, l’intera popolazione è stata confinata nelle proprie abitazioni e un team di 30.000 operatori sanitari ha effettuato un controllo porta a porta durante il quale sono stati scoperti 76 nuovi casi di infezione e 94 cadaveri. I cittadini sono stati sensibilizzati ed educati per contenere e prevenire la diffusione del virus, ma lo il paese è affetto da gravi condizioni di povertà e fame. Prima del blocco di tre giorni, molti e soprattutto le categorie più marginalizzate della popolazione come disabili, donne e anziani, hanno avuto difficoltà a procurarsi cibo. Quaranta aree del Paese rimangono tuttora in quarantena e la loro popolazione sta affrontando condizioni di vita estremamente difficili a causa della sospensione di molti servizi pubblici.
STRUTTURE ASSENTI – Secondo Mustapha Sidiki Kaloko, il Presidente della Commissione per gli Affari Sociali dell’Unione Africana, l’emergenza ebola può se non altro servire da lezione per il rafforzamento del sistema sanitario dei paesi africani. Secondo uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nonostante l’Africa ospiti solo l’11% della popolazione mondiale, proprio qui si verificano il 24% delle problematiche sanitarie, anche se poi viene investito solo l’1% del budget devoluto a livello globale nell’ambito sanitario. Non a caso, alcuni suggeriscono che l’impegno della comunità internazionale per risolvere i problemi socio-economici dell’Africa dovrebbe procedere concentrandosi, oltre che sulla risoluzione dei conflitti, sul miglioramento della sanità pubblica. Le regioni in cui si è diffusa l’ebola soffrono di gravi mancanze di medici e personale sanitario, e le scarse condizioni igieniche aggravano la situazione. Come se non bastasse, non ci sono posti letto ospedalieri a sufficienza per fronteggiare il contagio della malattia, che in Guinea, Sierra Leone e Liberia è molto più rapido della capacità di espandere i centri per curarla.
CONTRADDIZIONI – Il presidente del Kenya Uhuru Kenyatta, in un discorso alle Nazioni Unite del 24 settembre, ha fatto notare che le misure adottate stanno isolando i paesi contagiati e causando gravi ripercussioni economiche sulla loro popolazione, invitando la comunità internazionale a interventi più determinati per fermare e contenere questo «devastante virus». Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, Medici Senza Frontiere e gli operatori sanitari delle Nazioni Unite hanno criticato le restrizioni dei movimenti che sono state imposte in Africa Occidentale, ritenendole ingiustificate e potenzialmente in grado di peggiorare la crisi. Senza contare che, come sostengono il Financial Times e molti altri esperti, l’impatto economico del virus potrebbe causare più vittime che la malattia stessa.
L’ESPANSIONE DEL VIRUS – Secondo i dati rilasciati dal Centro per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, solo in Sierra Leone e Liberia il virus potrebbe contagiare tra 550mila e 1,4 milioni di persone entro gennaio, se nel frattempo non saranno attuate misure più efficaci. Ma per Peter Piot, direttore della London School of Hygiene and Tropical Medicine, L’Occidente al momento non corre rischi. Nonostante ci siano buone probabilità che qualcuno affetto dall’ebola possa raggiungere l’Europa durante il periodo di incubazione della malattia (che va dai 2 ai 21 giorni), la possibilità che si possa diffondere un’epidemia è altamente remota visto il livello di controllo dell’infezione esistente e le strutture ospedaliere a disposizione.