Un sito tutto nuovo per il Corriere della Sera, lanciato in pompa magna. Ma la risposta dei lettori è tutt’altro che positiva, soprattutto da parte di quelli più affezionati. Il web è contro la novità o il più autorevole giornale d’Italia perde colpi?
“Caotico”, “illegibile”, “pessimo”. E ancora “improponibile”, “orrendo, “imbarazzante”. Qualcuno rincara la dose definendolo addrittura “penoso”, “ridicolo”, “un sito per bimbiminkia”. E’ netto il giudizio degli utenti sulla nuova versione del corriere.it. Netto e impietoso. Al punto che potremmo pensare ad un web intriso di conservatorismo. Ammesso che si possa chiamare così, le ragioni sembrano esserci tutte. Vediamo perché.
Il nuovo sito è totalmente diverso dal precedente. Home page essenziale, lanci brevi, catenacci assenti. Massimo rilievo dato alle foto e tante, tante gallery. Gallery ovunque, anche dove sembrano totalmente inutili. “Sembra Pinterest” – uno dei social network basato sulle immagini più in voga – commenta qualcuno. Non è la stessa cosa, certo, ma l’intento del Corriere è chiarissimo. L’ampiezza e la tempestività del web, nonché il sempre più ampio impiego di dispositivi come smartphone e tablet, hanno drastiche conseguenze sulle modalità di fruizione delle informazioni e sta ai media riuscire a “reggere botta”, adattando i propri contenuti e la propria comunicazione alle esigenze dei lettori.
Ebbene, su internet e, in particolare, su Facebook la soglia d’attenzione del lettore diminuisce, perciò va attirato al punto di convincerlo a cliccare. E nella stragrande maggioranza dei casi ad attirare sono titoli d’effetto e, soprattutto, immagini. Il Corriere, seguendo le tendenze, ha scelto di assecondare le pulsioni dell’utenza ed adattarsi. Perché i titoli sono brevi e non ci sono catenacci né occhielli? Semplice, per sapere di che cosa si tratta, dovremo cliccare per andare sull’articolo in questione. Ovviamente, invogliati da una bella immagine o dal link a una delle immancabili gallery. Per un giornale, si sa, i click sono fondamentali, soprattutto per poter vendere più pubblicità online, sulla quale c’è ancora qualche inserzionista che sembra scettico. Per fare strada a questa logica, però, ad essere ridimensionati saranno certamente i contenuti più pregnanti, che alcuni troverrano con meno facilità e frequenza di un tempo.
Molti lettori, infatti, soprattutto quelli che capitano sugli articoli meno “per caso” di altri, questo lo sanno. No, non parliamo di esperti di settore, giornalisti o esperti di comunicazione, ma semplicemente di chi, per abitudine, “sfoglia” almeno un giornale sul web, come un altro farebbe sulla carta. I commenti negativi e davvero poco gratificanti alla nuova policy del Corriere ci dicono che a questi lettori – gli unici che potrebbero fare commenti del genere e fare paragoni tra la versione attuale del sito e una precedente – tutto ciò non piace. Perché allora il Corriere lo fa? Perché i potenziali lettori sono molti di più dei lettori. Considerando opportunità che il web 2.0 grazie ai social offre, per i media il grande traffico viene da chi abitualmente non legge giornali perché non è interessato ad un’informazione mirata, e incappa nelle notizie in maniera per lo più casuale su Facebook o va a cercare quelle più frivole o scabrose. Così adopera internet la maggior parte degli italiani. Ora, su internet ci stanno tutti, da chi naviga anche per leggere ed informarsi a chi naviga soltanto per svago, ma è proprio quest’ultima categoria che comprende la maggioranza degli utenti. Come attirarli? Chiaro, con tutto ciò che più si avvicina alla domanda di svago. E quindi, sotto con titoli d’effetto, foto grandi e tante, tante gallery.
Chi si è scagliato contro la nuova veste grafica del Corriere chiede di tornare alla versione precedente o, più umilmente, afferma di non gradire l’attuale. Leggendo i commenti si capisce che hanno bisogno di qualcosa di diverso. Evidentemente, loro sono i lettori o almeno lo sono in gran parte. Quelli che sono abitiuati a sfogliare giornali e a fruire delle informazioni in un certo modo. Sono conservatori? A quanto pare sì e a ragione. Vorrebbero che si conservasse un’informazione meno concentrata su titoli e immagini, ma più sui contenuti. Più centrata sulla qualità e meno sull’effetto. Il mercato è il mercato e ha delle leggi. Ma l’Informazione è l’Informazione e ha una missione. Siamo di fronte ad una forma di conservatorismo, in senso letterale ma non retrogrado. Una della poche.