Il calo dello spread ha tranquillizzato i mercati, ma sembra che Draghi stia nascondendo lo sporco sotto il tappeto
REGALO DI NATALE – Un inizio anno senza crisi non si vedeva da almeno quattro anni. Mario Draghi ha preso il posto di Babbo Natale e si è fatto portatore di un ottimismo contagioso, al punto da coinvolgere addirittura i mercati. Come ci sia riuscito nessuno lo sa, sta di fatto che finalmente ci troviamo a combattere con uno spread in calo, che è sceso sotto i 200 punti, un differenziale che ormai non spaventa neppure la morente Grecia. Tutto è iniziato quel lontano 26 luglio quando l’italiano più famoso al mondo (dopo il Cavaliere ovviamente), ha dichiarato: «preserveremo l’euro con ogni mezzo necessario». Una dichiarazione di guerra rivolta ad un nemico invisibile, fatto di mercati, investitori e aspettative. Come si sia verificato il progressivo calo dello spread è un mistero, ma evidentemente qualcuno deve avergli creduto. E così in pochi mesi il nemico numero uno del benessere globale ha iniziato a scendere per tutti i paesi periferici, regalandoci l’illusione di un futuro più roseo.
A distanza di mesi, nel pieno della serenità mediatica, non possiamo astenerci dal credere che si tratti, appunto, di una mera illusione. Gli indicatori ci raccontano di una recessione agli sgoccioli e di una ripresa ormai prossima, ma nulla ci aiuta a comprendere cosa stia determinando questo momento di ottimismo. L’impressione è che il terrorismo mediatico segua fasi alterne, parlando di crisi e di ripresa senza cognizione di causa, determinando una falsa percezione della realtà. I mercati, e dunque gli investitori, solitamente fin troppo scrupolosi, sembrano aver abboccato all’amo lanciato da Draghi e, complice un effettivo rallentamento della recessione, stanno determinando questo stato di quiete. Questo significa che i paesi periferici si stanno allineando ai virtuosi standard del nord Europa? La Grecia è fuori pericolo? L’Italia e la Spagna torneranno a crescere? Affatto, è questa mera considerazione ci spinge a credere che si stia volutamente sottostimando l’impatto di un pericolo ormai concretizzatosi, la deflazione.
DALLA RECESSIONE ALLA DEPRESSIONE – La Bce «userà tutti gli strumenti a sua disposizione contro la deflazione». Così si è espresso Draghi giovedì scorso al termine di una riunione del board della Banca Centrale. La deflazione è uno spettro molte volte sottovalutato, eppure è un male difficile da guarire nel breve periodo come dimostra la storia del Giappone. Dopo tre lunghissimi anni di austerità, impostaci dalla Germania di Angela Merkel, ora è arrivato il momento delle “riforme strutturali” che comprendono liberalizzazioni, privatizzazioni e riforme del mercato del lavoro. In Italia ci sta pensando Renzi, ma nel frattempo, è impossibile non notare che il crollo dei salari e quello conseguente della domanda stanno determinando un crollo dei prezzi innescando una spirale deflazionistica.
Qualcuno gioirà, pensando che il suo potere d’acquisto sia cresciuto e credendo di fare affari nel periodo dei saldi. Sbagliato, anzi, sbagliatissimo, perché se c’è un effetto collaterale della deflazione, è quello potenziale di aumentare gli interessi reali, aggravando la condizione dei debitori. Per quanti avessero problemi di memoria a breve termine, ricordiamo che i debitori siamo noi, la Grecia, la Spagna e il Portogallo. I soliti insomma, quelli che dopo anni di recessione, rischiano di passare la dalla padella alla brace, entrando in una spirale depressiva fatta di disoccupazione, crescita inesistente, distruzione del welfare e delle tutele sociali. Se tutto questo non vi sembra possibile e credete sia il frutto di un pensiero pessimista ed inappropriato, non resta che dare un’occhiata alla condizione del paese che con noi condivide mare e sventure.
LA GRECIA È LA CARTINA TORNASOLE – L’istituto di statistica nazionale Elstat ha affermato che l’indice dei prezzi al consumo ha registrato una crescita negativa per ben due punti percentuali in ottobre, mentre la media annua dei prezzi al consumo crolla dello 0,4 per cento. Numeri che, alla luce di un tasso di disoccupazione disarmante che ha superato il 27% confermano il successo della missione tedesca. Il cannibalismo europeo messo in atto da Angela Merkel e dal paese principale responsabile della deflazione europea sta dando i suoi frutti, tagliando definitivamente le gambe ad un paese che si stava duramente rialzando dopo anni di austerity e sacrifici. Il governo guidato da Samaras (chissà per quanto ancora) esce finalmente dalla recessione ed entra nel mondo della depressione economica. Il caso vuole, che ciò avvenga a poche settimane di distanza dal termine del secondo prestito dell’Ue e del Fmi, quando la Grecia dovrebbe concordare un terzo piano di salvataggio.
Eppure, per un destino crudele e vagamente indirizzato da manovre altrui, la Grecia si troverà a trattare come un paese il cui debito è ancor più ingigantito dal fenomeno deflazionistico. Aumenta ancora la distanza tra l’Europa dei poveri, quella periferica, e la corazzata prussiana di Otto Von BisMerkel, capace di sfruttare a proprio vantaggio qualsiasi situazione. Eppure stavolta il colpo di mano è avvenuto a fari spenti, quando la fame dei mercati è stata abilmente placata dalle parole di Draghi e dal calo dello spread. Bye bye recessione insomma, forse rimpiangeremo anche te.