Il neonato Paese è scosso da una guerra civile. La Cina svolge vi un ruolo diplomatico primario, mosso da interessi petroliferi tutt’altro che indifferenti
La Cina è attualmente il più grande investitore nell’industria petrolifera del Sud Sudan, motivo per il quale il gigante asiatico si sta dimostrando particolarmente attivo nella risoluzione dei disordini che a partire da metà dello scorso dicembre hanno interessato questo Stato. Gli scontri tra il governo sud sudanese e i ribelli fedeli all’ex Vice Presidente Riek Marchar hanno già causato più di mille vittime e un taglio di circa il 20% della produzione di petrolio, che in questo momento è la maggiore preoccupazione per la Cina, soprattutto visto che gli uffici locali della China National Petroleum Corp sono stati evacuati.
南苏丹 Nán Sūdān significa “Sud Sudan”. Questa parola è composta dal carattere “南”, che vuol dire “sud” e dal nome “苏丹”, “Sudan”, utilizzato in alcuni casi anche con il significato di “sultano”. Il Sud Sudan, formalmente indipendente dal 2011, è stato riconosciuto dalla Cina nello stesso anno. Già prima di questa divisione politica del Sudan, Pechino aveva investito nello stato circa 20 miliardi di dollari; altri 8 miliardi sono stati poi promessi al presidente del neonato Sud Sudan, Salva Kiir Mayardit, durante un incontro con i vertici cinesi nel 2012.
Il Ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, si è recato personalmente ad Addis Abeba, dove stanno prendendo luogo i colloqui di pace, in cui la Cina è incaricata di svolgere il ruolo di mediatore. Proprio lui ha dichiarato che la Cina, in quanto membro permanente del Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite, sta prestando «a massima attenzione all’evolversi della situazione in Sudan» e ha dunque proposto quattro punti per la risoluzione immediata della crisi in atto: l’immediato cessate il fuoco, l’inizio di un dialogo politico tra ribelli e governo, l’impegno della comunità internazionale e l’implicazione di aiuti umanitari. Inoltre, Wang, che secondo alcune fonti avrebbe già incontrato esponenti di entrambe le forze in gioco negli scontri, ha parlato di ricostruzione nel Paese e ha richiesto al governo dello stato africano di preservare le vite e le proprietà dei cittadini cinesi che vi risiedono. La salvaguardia degli interessi cinesi in Sud Sudan, dunque, è evidentemente fondamentale secondo la delegazione cinese che sta seguendo la risoluzione della crisi.
Secondo il China Daily, inoltre, Pechino teme l’allargarsi del conflitto a Paesi vicini, come Etiopia, Kenya, Sudan, Congo e in particolar modo Uganda, dove il gigante petrolifero cinese CNOOC è da settembre il primo gruppo energetico straniero autorizzato allo sfruttamento dei giacimenti di Kingfisher, tra i maggiori del Paese, che dispone di riserve stimate in 635 milioni di barili di greggio.
Il coinvolgimento della Repubblica Popolare Cinese nelle faccende che riguardano altri Paesi in via di sviluppo non è una cosa nuova: è dai tempi in cui Mao prese le distanze dall’Unione Sovietica, in piena guerra fredda, che la Cina cerca la cooperazione con il “Terzo Mondo”, composto da quei Paesi che hanno condiviso “l’umiliazione” del colonialismo da parte delle grandi potenze e che hanno lottato per liberarsene e dare il via ad una nuova fase di sviluppo politico ed economico. Oggi, nella Cina di Xi Jinping, l’enfasi su un ruolo più attivo nelle relazioni internazionali è fondamentale nella retorica usata dal governo, non solo nell’ambito economico, ma anche in quello diplomatico.
In particolare, Pechino guarda con maggiore attenzione a quelle zone, come il Sud Sudan e diversi altri stati africani, dove i suoi interessi sono numerosi e non trascurabili, soprattutto per quanto riguarda gli investimenti nel settore energetico. Di conseguenza, anche in occasione degli attuali incontri per la risoluzione della crisi sud sudanese, la parte cinese ha ricordato, tramite la portavoce del ministero degli esteri Hua Chunying, l’importanza della cooperazione energetica con il Sud Sudan, che secondo le stime ufficiali cinesi dispone di riserve di greggio che ammontano a 3,5 miliardi di barili ed è dunque la terza potenza energetica dell’Africa sud-sahariana. Stando alle parole di Hua, la Cina «ha aiutato il Sud Sudan a sviluppare la propria economia e a migliorare la vita dei cittadini» e «continuerà a contribuire alla pace, alla sicurezza e allo sviluppo in Africa».