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Old media vs. New media: lo “spread” tecnologico

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7 Mag 2012   di Redazione
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Per decenni i media tradizionali hanno dovuto sottostare ad evidenti logiche politiche. La Rete ha creato una possibile alternativa. Qualche politico si è saputo adattare. Qualcuno sta cercando di farlo. Altri, molti, sono stati travolti dal ciclone senza neanche capire come.

 

LA DEMOCRAZIA DI INTERNET – Internet e i new media hanno saputo fornire una valida alternativa ai media tradizionali. Sul Web chiunque può divenire produttore di contenuti e non solo più ricevente passivo di reality show o telegiornali da Terzo Mondo. I social network e il citizen journalism hanno soddisfatto la voglia di partecipazione e condivisione da parte dei singoli. In Rete chiunque può commentare, apprezzare, criticare un articolo, un video, un post. Ma Internet manca di rispetto. Dà le notizie, sempre, a prescindere da chi sia il soggetto. È incontrollabile, irriverente. Per questo l’informazione online è mal vista dalla politica italiana. Perché i parlamentari nostrani sono abituati a incatenare i fatti alle proprie interpretazioni e a diffonderle attraverso i loro canali preferenziali. La Rete è tutt’altro. È di tutti e per tutti.

 

OLD MEDIA A SENSO UNICO – Il primo vero sintomo di un regime totalitario è la totale assuefazione del reparto mediatico al volere del padrone di turno. Chi ha vissuto in Italia negli ultimi 20 anni, non avrà neanche bisogno di andare a sfogliare polverose pagine di libri di storia, per capire quanto questo possa essere vero. Il totalitarismo moderno non ha bisogno di scendere in piazza col fucile. Usa i mass media, meglio del passato. La televisione made in Italy ha contribuito ad alimentare un modello demenziale di intrattenimento. Questo ha generato omologazione, livellamento verso il basso, azzeramento dello spirito critico. E quindi consenso, abbastanza per governare. I media italiani sono stati asserviti al pensiero unico imperante:”Non ti informare, non studiare, non ti fare una cultura. Non serve a niente. Gioca a pallone, fai la velina o tenta la sorte coi pacchi“. Istupidire per comandare. Ma non tutti i cittadini hanno abboccato.

 

IL GAP CULTURALE – I politicanti di tutto il mondo hanno dimostrato di aver capito l’importanza, anche in termini elettorali, dei nuovi media. Uno a caso. Barack Obama, il quale ha fondato la sua vincente campagna elettorale del 2008 proprio sulla Rete. Anche Howard Dean, durante le primarie dei democratici americani del 2003, aveva già santificato il potere del Web. I parlamentari italiani? Hanno provato, timidamente, ad affacciarsi su questi nuovi spazi di manovra. Con risultati talvolta tragicomici. È il caso di Mastella che, tra il 2006 e il 2009, aprì un blog, illudendosi di poter pubblicare solo i commenti positivi dei suoi sostenitori senza che la Rete se ne accorgesse. Il blog chiuse, perché il popolo del Web non ama essere censurato. È il caso di Matteo Mezzadri (PD) che nel 2009 dovette dimettersi dopo aver augurato la morte di Berlusconi sul suo profilo Facebook. È il caso di Agnese Valente (PdL) che recentemente ha generato il caos totale dopo aver messo un Mi Piace sotto un link intitolato “Io piscio sul 25 aprile e sui partigiani“. Ignoranza virtuale.

 

IL FUTURO – I politici italiani sono vecchi. E non è solo una questione anagrafica: è proprio una questione di mentalità. Non riescono ad adattarsi alle novità. Eppure, dopo il fenomeno Grillo, cresciuto unicamente sulle spalle del Web, la situazione è cambiata. O meglio, è dovuta cambiare. Per semplice sopravvivenza. Anche politici come Angelino Alfano (Pdl) hanno iniziato a vaneggiare parlando di “innovative campagne elettorali” basate su suoi social network come Twitter e Facebook. Insomma, sembra che anche i brontosauri della comunicazione si stiano per ammodernare. Ce la faranno? O finiranno semplicemente intrappolati nella Rete?

 

Federico Sbandi

@FedericoSbandi

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